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STORIA

La basilica di San Domenico Maggiore sorge nel cuore del centro antico di Napoli. La visita del complesso domenicano è un’esperienza unica per scoprire otto secoli di Arte, Storia, Cultura e Fede.
Le mura della basilica e del convento serbano la memoria di personaggi illustri: dai filosofi come san Tommaso d’Aquino, Giordano Bruno, Tommaso Campanella, ad artisti quali Tino di Camaino, Raffaello, Tiziano, Caravaggio, Andrea Vaccaro, Jusepe de Ribera, Luca Giordano, Francesco Solimena, Cosimo Fanzago e molti altri.

La basilica di San Domenico Maggiore sorge nell’area dell’antica chiesa di San Michele Arcangelo a Morfisa, eretta tra l’VIII e il X secolo. Affidata ai basiliani fino al 1116, la chiesa con il convento annesso passò prima ai benedettini e, a partire dal 1231, ai domenicani. Nel 1283 Carlo II d’Angiò – a quella data ancora principe di Salerno e vicario del Regno – finanziò i lavori per un nuovo edificio ecclesiastico, che inglobò l’antica chiesa: la fabbrica fu conclusa intorno al 1324 e fu inizialmente intitolata alla Maddalena, la santa della Provenza, proprio per un voto di Carlo II d’Angiò. Nel 1442 Alfonso V d’Aragona entrò trionfalmente a Napoli: mecenate e sovrano umanista, il Magnanimo promosse lavori di rifacimento per la sistemazione dello slargo corrispondente all’attuale Piazza San Domenico Maggiore.

Tra il 1446 e il 1506 terremoti e incendi danneggiarono gravemente l’edificio: si resero così necessari diversi restauri e rifacimenti. Nel 1670 il priore Tommaso Ruffo dei duchi di Bagnara, oltre a far ricostruire con ambiziosi progetti l’annesso convento, curò i restauri della chiesa in stile barocco. Nel corso dei successivi lavori – tra i quali il rifacimento del pavimento su disegno di Domenico Antonio Vaccaro – molte iscrizioni, lastre tombali e dipinti andarono dispersi o distrutti. Altri gravi danni colpirono la chiesa e il convento durante il Decennio Francese (1806- 1815), a seguito delle soppressioni ecclesiastiche.

Nel 1849 il priore Tommaso Michele Salzano, futuro arcivescovo di Edessa e consigliere di Stato, promosse un radicale restauro della chiesa: l’intervento, realizzato da Federico Travaglini e condotto tra il 1850 e il 1853, ha impresso l’attuale aspetto neogotico alla basilica di San Domenico Maggiore.

A seguito dell’ultimo conflitto mondiale, nel corso del quale la basilica subì danni in particolare nella zona del transetto, sono stati condotti restauri lottizzati o dedicati a singole opere. Nel 1974, anno del settimo centenario della morte di San Tommaso, sono stati eseguiti interventi conservativi che hanno interessato le mura perimetrali della basilica, l’Aula di San Tommaso e i locali prospicienti il cortile. Negli anni successivi sono stati completati il restauro e la sistemazione di parte della Biblioteca con la Sala di Lettura.

Tra gli anni Ottanta e gli anni Novanta protagoniste di lavori e ricerche sono state le Arche Aragonesi, custodite nella Sagrestia.

La basilica di San Domenico Maggiore presenta due ingressi: il primo accessibile dall’omonima piazza per il tramite dell’ampia scalinata in piperno, nota come Scalone Aragonese, realizzato nel 1465 da Ferdinando I d’Aragona; il secondo accesso, corrispondente alla facciata principale della basilica, è ubicato in Vico San Domenico 8A.

Per un approfondimento sui lavori di restauro più recenti del complesso domenicano si veda: Orsola Foglia, Ida Maietta (a cura di), La fabbrica di S. Domenico Maggiore a Napoli, Napoli, arte’m, 2013.